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Alessandra Bulgarelli

Sul tema della disponibilità di cibo e delle sue carenze nelle economie di antico regime esiste una vasta letteratura, la cui analisi punta il fuoco dell’attenzione in particolar modo sulle origini dello squilibrio tra popolazione e risorse alimentari. Secondo chiavi interpretative ormai affermate la disponibilità di cibo può dipendere da fattori naturali (clima, patologie infettive) che influenzano l’andamento del ciclo agrario e quindi l’abbondanza o la scarsità dei raccolti (interpretazione malthusiana). Può anche essere definita dalla capacità degli attori economici privati e pubblici di assicurare la distribuzione delle risorse stesse (interpretazione marxiana). Interpretazioni più recenti  portano in evidenza l’integrazione del mercato, seguendone le fasi cicliche nel lungo periodo. Sin dal Medioevo  cicli di elevata mercantilizzazione e di apertura nei rapporti tra paesi si sono susseguiti a cicli di restrizioni e disintegrazione del mercato[1]. Il giudizio condiviso dagli studiosi è che un reale processo di integrazione entro e tra i paesi si definì solo a partire dalla fine delle guerre napoleoniche con l’avvio del lungo XIX secolo sostenuto dal miglioramento dei trasporti e dalla liberalizzazione del commercio[2].

E’ stato sottolineando il ruolo ricoperto dalle istituzioni pubbliche  nell’assicurare l’approvvigionamento di cibo in epoca di scarsità nonché in fasi di belligeranza. La regolamentazione dei prezzi, il controllo sulle importazioni e in particolare sulle esportazioni di derrate mirava anche ad altri obiettivi tra cui: mantenere la pace sociale evitando disordini e rivolte; offrire ai proprietari terrieri entrate e profitti anche in fasi di abbondanza dei raccolti quando era alto il rischio di un abbassamento dei prezzi dei generi necessari alla sussistenza.  Attraverso magistrature delegate (Annona, Grascia, Abbondanza), in luoghi deputati e con il sostegno di norme scritte spesso di natura consuetudinaria, la municipalità interveniva fissando prezzi, ricercando e acquistando quantitativi di derrate, creando scorte, elevando imposte in nome dell’obiettivo comune di garantire l’approvvigionamento alimentare.

Il presente contributo mira a mettere a fuoco entro una cornice temporale di circa due secoli  se e quali furono le interrelazioni  a livello municipale tra le istituzioni preposte al governo dell’alimentazione degli abitanti  e la finanza locale che traeva dalla tassazione del consumo dei generi di prima necessità una delle fonti di gettito dell’entrata del bilancio. L’area di osservazione sono le tre province che allora componeva la Campania: Terra di Lavoro, Principato Citra, Principato Ultra.

Gli obiettivi che si poneva il governo municipale di antico regime  sembrerebbero distinguere nettamente i due campi. Da un lato il controllo sull’approvvigionamento, la preparazione e la distribuzione degli alimenti mirava a garantire la sussistenza per gli abitanti soprattutto in fasi di penuria. Dall’altro, era anche impellente la necessità di assicurare al bilancio un’entrata tributaria adeguata a coprire le spese. Per quanto la normativa regia prescrivesse la redazione di catasti in ogni universitas e l’elevazione di imposte sulla ricchezza dei nuclei familiari (fuochi) presenti in ciascun centro insediativo, la tassazione sui consumi dei generi di prima necessità (innanzitutto gabelle e dazi su farina/macina e grano, ma anche pane, vino, formaggio, carne, olio, oltre alle privative sulle attività di trasformazione e commercializzazione) era preferita dalle élite municipali. Essa consentiva di sottrarsi al più oneroso carico fiscale commisurato al loro patrimonio immobiliare nonché alle attività  produttive  sempre che il mercato locale fosse attivo e dotato di un minimo di attività di scambio. Si trattava di una fonte di gettito che metteva in atto non solo un prelievo altamente regressivo ma anche un disincentivo all’entrata in città di detti beni, spesso condotti sin fuori le mura senza tuttavia oltrepassarle proprio per eludere la scure tributaria.  Carlo Tapia, illustre magistrato e giurista napoletano che si era occupato dell’incetta dei grani nelle province di Principato Citra, Principato Ultra e Basilicata durante la carestia degli anni ’90 del Cinquecento aveva avuto modo di rilevare il problema e di portarlo all’attenzione nel suo Trattato dell’Abondanza del 1638 dedicato interamente al tema dell’approvvigionamento granario, un unicum nella produzione del periodo di fine XVI e inizio XVII secolo[3]. Nel fornire chiare indicazioni di politica annonaria per i governanti, riprendeva quanto era stato espresso in numerosi memoriali dell’epoca di più ampio ambito di indagine. In merito alle origini della scarsità alimentare in modo concorde gli Autori ritenevano già da allora di doverla imputare in primo luogo al sistema distributivo. Su tale motivazione invitavano a  spostare l’attenzione dalla scarsità assoluta di cibo, rara nel verificarsi, al rincaro dei prezzi  in primo luogo del grano, esito dei maneggi e dell’incetta  messi in atto dagli speculatori e dagli appaltatori che ne controllavano il mercato in posizione monopolistica[4].  Era necessario un intervento da parte delle autorità governative per regolare la distribuzione creando un collegamento strutturato e non episodico tra capitale e province e tra città e campagne in un quadro di centralizzazione dei flussi cerealicoli.

Gli studi di Paolo Macry  hanno mostrato come il Regno abbia continuato ad avere fino alla fine del ‘700 un mercato del grano frammentato in molteplici aree provinciali il cui indicatore più evidente era dato dai difformi livelli di prezzo registrati. Essi dipendevano non solo dall’andamento del raccolto e dalla capacità produttiva, quanto piuttosto dal contatto con il mercato reso precario dalla scarsezza delle comunicazioni sia terrestri che marittime. L’inserimento nei circuiti di distribuzione di ampio raggio spingeva verso l’alto i prezzi delle aree coinvolte, mentre la dimensione locale del mercato e la ristretta domanda definivano aree di bassi prezzi[5]. Anche in campo fiscale il grado di mercantilizzazione dell’economia influenzava se non determinava le scelte delle élite di governo incanalando verso l’imposta sulla testa e la ricchezza quelle aree segnate dall’isolamento mercantile e verso le imposte sui consumi e i trasferimenti quelle dove gli scambi erano più intensi.  Se le imposte sui consumi comportavano un meccanismo di traslazione sui prezzi spingendoli verso l’alto vi è da chiedersi se e in quale misura il mercato e le scelte tributarie a livello locale concorrevano a determinare il livello dei prezzi, tenuto conto che le autorità locali intervenivano nel manipolarli in funzione di salvataggio dei consumi.

I bilanci di primo Seicento di quelle località che presentano imposte sui generi di prima necessità  le registrano in modo indifferenziato sia sulle immissioni sia sulle estrazioni dalla cinta muraria in relazione a tutti quei prodotti di prima necessità di cui aveva competenza l’annona[6]. Obiettivo del presente lavoro è effettuare una ricognizione sui bilanci della finanza locale  del Settecento per identificare e quantificare la presenza e tipologia delle imposte sul cibo e per verificare in che misura potevano risultare coerenti con le esigenze di approvvigionamento della popolazione.

Le domande alle quali si tenterà di rispondere sono le seguenti:

Vi era conflitto tra le scelte dell’annona e quelle della finanza locale? Vennero prese misure per contemperare le due esigenze, dell’alimentazione e della tassazione?

Si stabilirono correlazioni tra le istituzioni preposte a governare i due settori? Un’inefficiente gestione dell’annona e/o fasi di crisi agrarie  quali ripercussioni registravano sul bilancio delle città (aumento della domanda di credito, lievitazione dell’indebitamento a breve e/o a lungo termine)?

I gruppi che gestivano le istituzioni annonarie erano gli stessi che gestivano la finanza municipale? Si può parlare di coalizioni ridistributive che mentre si assicuravano la massimazzazione delle rendite a spese dell’intera comunità spinsero verso la sopravvivenza plurisecolare di tali istituzioni?

 

Bibliografia essenziale

  • Alfani, L. Mocarelli, D. Strangio ( a cura di)  La scarsità delle risorse alimentari: una sfida di lungo periodo, in «Popolazione e storia», 1 (2012)
  • N. BATEMAN, The evolution of markets in early modern Europe, 1350-1800: a study of wheat prices, in “Economic History Review”, 64, 2 (2011), pp. 447-471.
  • BENITO I MONCLUS, De Labrousse a Sen. Modelos de causalid y paradigmas interpretativos de las crisis alimentarias preindustriales, in Crisis Alimentarias en la Edad Media: modelos, esplicaciones y representaciones,  ID. (ed.), Milenio, Lleida 2012, pp. 15-32;
  • CONIGLIO, Annona e calmieri a Napoli durante la dominazione spagnola, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», LXV (1940), pp. 105-194; Id., Note sulla storia della politica annonaria dei viceré spagnoli a Napoli, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», LXVI (1941), pp. 274-282; Id., L’annona, in Storia di Napoli, V, Napoli, Società Editrice Storia di Napoli, 1972, pp. 693-713.
  • R.P. CORRITORE (a cura di), Annona e strutture urbane a Ragusa, Venezia, Genova, Lione, Valencia, Milano, in «Storia Urbana», 134 (2012).
  • R.P. Corritore, Horrea. Un’istituzione che «va e viene» nella politica annonaria delle città di antico regime in Annona e strutture urbane,  pp. 11-29.
  • D. GONZALES and D. E. GUERRERO, The Integration of Grain Markets in the Eighteenth Century: Early Rise and Fall of “Hard” Globalization, in «The Journal of Economic History», 73/3, 2012, 671-707.
  • FEDERICO (2008). The first european grain invasion: a study in the integration of the european market, 1750-1870. UI Working Papers HEC No. 2008/01, European University Institute.
  • FEDERICO and K.G. PERSSON (2007). Market integration and convergence in the world wheat market, 1800-2000, The new comparative economic history: essays in honour of J. Williamson, T. Hutton, K. O’Rourke, A. M. Taylor (eds.), Cambridge, MIT Press, 20076, pp. 87-114.
  • C.Ó GRADA, Markets and Famines in Pre-Industrial Europe, in «Journal of Interdisciplinary History», 26 (2005/2), pp. 143-166;
  • Id., Making Famine History, in «Journal of Economic Literature», 45 (2007/1),  pp. 5-38;
  • Id, Famine. A Short History, Princeton, University Press, 2009.
  • MARIN – C. VIRLOUVET (a cura di), Nourrir les cités de Méditerranée. Antiquité – Temps modernes, Paris, Maisonneuve & Larose, 2003.
  • MOCARELLI (a cura di), Quando manca il pane. Origini e cause della scarsità delle risorse alimentari in età moderna e contemporanea, Bologna, il Mulino, 2013.
  • PAPAGNA, Grano e mercanti nella Puglia del Seicento, Bari, Edipuglia, 1990;
  • EAD., Napoli e le città del grano nel Mezzogiorno spagnolo, in «Società e Storia», 75 (1997), pp. 127-142.
  • K.G. PERSSON (1999). Grain Markets in Europe, 1500-1900: Integration and Deregulation. Cambridge University Press, Cambridge.
  • SABATINI, Il pane di Cerbero. Aspetti di politica annonaria e demografica a Napoli nell’età di Filippo II, in Felipe II (1527-1598), Europa y Monarquía católica, dir. Martínez Millán, Madrid, Editorial Parteluz, 1998, vol. I, pp. 767-776;
  • STRANGIO, Di fronte alla carestia in età preindustriale, in «Rivista di Storia Economica», XIV (1998), pp. 161-192.
  • A.K.SEN, Poverty and Famines: An Essay on Entitlement and Deprivation, Oxford, Claredon Press, 1981.

[1] V. N. BATEMAN, The evolution of markets in early modern Europe, 1350-1800: a study of wheat prices, in «Economic History Review», 64, 2 (2011), pp. 447-471.

[2] C. SHIUE, From political fragmentation towards a custom union: border effects of German Zollverein, 1815 to 1855, in «European Review of Economic History»,9 (2005), pp. 129-162; D. JACKS, Intra and international commodity market integration in the Atlantic economy, in «Explorations in economic history», 42 (2005),pp. 381-413; G. FEDERICO,  Market integration and market efficiency. The case of 19th century Italy, in «Explorations in economic history», 44 (2007), pp. 293-316; G. FEDERICO and K.G. PERSSON, Market integration and convergence in the world wheat market, 1800-2000, in The new comparative economic history: essay in honour of J. Williamson, T. Hutton, K. O’Rourke, A. M. Taylor (eds.), Cambridge, MIT Press, 20076, pp. 87-114.

[3] J. DOBOULOZ, G. SABATINI, “Tutto ciò confermando con autorità di leggi, dottrine et esempij”. Teoria, prassi e riferimenti alla tradizione classica dell’approvvigionamento granario nel Trattato dell’Abondanza di Carlo Tapia, Nourrir les Cités de Mediterranée. Antiquité – Temps modernes, sous la dir. de  B.Marin et C. Virlouvet, Paris, Maisonneuve & Larose, 2003, pp. 539.

[4] A. BULGARELLI LUKACS, «Della carestia e dei rimedi di essa». Annona e finanza locale nel Regno di Napoli tra XVI e XVII secolo, in «Archivio Storico delle Province Napoletane», 2016, pp. 47-69.

[5] P. Macry, Mercato e società nel Regno di Napoli, Napoli, Guida, 1974.

[6] A. BULGARELLI LUKACS, La finanza locale sotto tutela. I bilanci delle comunità nel Regno di Napoli (secoli XVII-XVIII), Venezia 2012, Marsilio, pp. 86-96.